Storie di segale

In Asia Minore

I più antichi resti di Secale cereale L. sono stati trovati a Tell Abu Hureya nel nord della Siria. Via via che le popolazioni neolitiche coltivatrici dall'Asia Minore risalivano verso nord, dove il clima era più freddo, la segale - a lungo considerata una “cenerentola” fra i cereali - tendeva a prevalere sui più quotati frumento e orzo per le sue maggiori capacità di adattamento.


La segale si avvicina

In Europa i primi resti archeologici di segale sono stati rinvenuti nell’attuale Repubblica Slovacca. In Piemonte sono stati ritrovati resti di segale ad Alba, in località Borgo Moretta. Un’ulteriore netta variazione del clima tra l'età del Bronzo e l'età del Ferro pare aver favorito in tutta l'Europa centro settentrionale la coltivazione dei più robusti cereali minori, come il frumento nudo, la spelta, il miglio, l’avena e la segale. Alla fine del I millennio a.C. la segale era molto diffusa in Europa e i Celti, i Germani e i Liguri i ne facevano ampio uso. Nell'età del Ferro, oltre che dal clima freddo, la coltivazione della segale fu favorita anche dall'introduzione della falce che rendeva impossibile separare la segale infestante dalle spighe di orzo e frumento, praticata durante la raccolta manuale. I Reti presenti nelle Alpi Orientali già nell'età del Ferro pare possedessero macine a leva e poi al tornio. Queste popolazioni oltre ad utilizzare la segale a scopo alimentare ne usavano già gli steli per proteggere i tetti delle case, come giaciglio e come foraggio per gli animali.


Una “mala erba”

Ai Romani però la segale non andava a genio, considerata un cibo per poveri, venne bollata "mala erba". Plinio scrisse: «i Taurini, che vivono ai piedi delle Alpi, chiamano asia la segale, un cereale pessimo, buono solo per lenire la fame». Seneca e Varrone chiamarono "plebeius panis" (pane della plebe) il pane di segale in confronto al "panis siligineus" (pane di frumento puro). Giovenale in una satira criticò chi offriva ai banchetti il tenero pane bianco solo agli ospiti importanti mentre le persone meno considerate dovevano accontentarsi del pane nero. Se pur non amata dalle classi benestanti la segale era coltivata, come documentano infatti gli scavi di Drei Cané (Trento) i cui resti di segale sono databili tra il II e l'inizio del VI secolo d.C. e i rinvenimenti a Castelvecchio di Peveragno (III-VI secolo d.C.) e a Lomello (II sec. d.C.), questi ultimi di particolare importanza perché sono l'unico esempio di raccolto di segale pura fin'ora documentato.


Alla conquista dell’Europa

All'inizio del Medioevo e fino al X secolo d.C. la coltivazione della segale non aumentò molto rispetto all'epoca precedente, pur essendo presente in tutta Europa, come testimoniano, per esempio, i reperti rinvenuti negli scavi archeologici del villaggio di West Stow in Inghilterra e di Trino Vercellese (X secolo d.C.) La presenza della segale tra le coltivazioni cerealicole è inoltre ampiamente documentata in Italia in scritti dell'epoca come i patti colonici, gli inventari di beni ecclesiastici. Solo a partire dal Basso Medioevo la diffusione della segale aumentò sempre più: nei territori montani dell'Italia, ma soprattutto nell'Europa centro-settentrionale sono numerosissime le testimonianze che citano la segale come principale prodotto del suolo.


Cugini d’Asia e d’America

La segale continuò a essere molto diffusa nel XVI e XVII secolo. Le venivano riconosciute proprietà curative tramandate già nel Medioevo in fantasiose credenze popolari e canonizzate poi da un famoso medico-erborista, Castore Durante (1528-1590), che affermava che il decotto di segale caccia i “vermi” del corpo e che «l'acqua stillata dalle fronde e dalle spighe e dai fusti della segala giova alle pietre delle reni e mitiga il calore». Nel Rinascimento e nel Seicento in Italia non vi furono grandi mutamenti del paesaggio agricolo, salvo una lieve diminuzione della segale, nella pianura padana, causata dall'introduzione progressiva della coltivazione del riso, giunto dall'Oriente già alla fine del Medioevo. Lo stesso avvenne con il mais, proveniente dall' America, che dopo decenni di diffidenza iniziò a essere coltivato in seguito a una grave crisi agricola a metà del Cinquecento e a un periodo di forte crescita demografica.


Campionessa in montagna

Tra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento la segale, in alcune regioni, e soprattutto nei territori di montagna è sicuramente il cereale più diffuso, poiché richiede minori attenzioni per la coltivazione e impoverisce meno i suoli. Nel 1753, il Conte di Brandizzo, incaricato del Re, presenta i risultati di un'accurata indagine da cui emerge la preminenza della segale nel Regno di Sardegna: seguono il frumento, il miglio, l'avena e il mais. A partire dall'Ottocento, in pianura la predominanza della segale sul frumento viene meno, mentre continua sugli aridi territori d'alta quota.


Attenzione, mugnai!

Negli atti dei consigli comunali della Valle Gesso, la cui organizzazione fu imposta dal governo francese a partire dal 17 febbraio 1800, si denuncia la scarsità di coltivazione di cereali fatta eccezione per la poca segale spesso contaminata dalla segale cornuta. È interessante ricordare che nel 1811 il prefetto Arborio, per evitare le pericolose epidemie di ergotismo, attribuì la responsabilità della selezione della segale buona da quella infetta ai mugnai che operavano nel territorio. Il Cuneese soffrì nel primo decennio del 1800 di una grave carestia sia in pianura sia in montagna, dovuta al maltempo prolungato e al proliferare di parassiti, per cui la raccolta di segale fu sufficiente per poco più della metà del Dipartimento. Tutto ciò favorì la diffusione della coltivazione delle patate, soprattutto a partire dal 1830.


Tramonto della segale

Nel XX secolo si assiste alla scomparsa quasi totale della segale anche nei territori montani, con la conversione progressiva dei campi coltivati in prati stabili. I conflitti mondiali, l'industrializzazione e il conseguente spopolamento delle montagne, la concorrenza insostenibile con le coltivazioni meccanizzate della pianura ne sono principali responsabili.


… e adesso?

A Sant’Anna si ricomincia a parlare di segale, si ricomincia a coltivarla: per recuperare attraverso la storia di questo cereale anni di ricordi, di storia locale, di memorie di una comunità; per dare alla segale e a chi la semina nuove possibilità di fare fortuna come birra, come isolante, come farina; per contribuire a mantenere la varietà dei vegetali commestibili presenti sul nostro pianeta... soprattutto se si tratta di una pianta, come la segale, ricca di sostanze benefiche per la salute.